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William Eugène Smith

Il saggio fotografico finalizzato all’interpretazione della realtà in senso sociologico
Alberto Pellegrino

William Eugene Smith (1918-1978) è stato uno dei più grandi fotografi americani che, dopo avere esordito nel campo della moda, si è dedicato al saggio fotografico finalizzato all’interpretazione della realtà in senso sociologico. Egli ha espresso il suo impegno socio-politico prima come fotoreporter di guerra nel 1943.45, poi con una memorabile serie di servizi fotografici sul lavoro dei minatori inglesi (1950), sul mondo contadino spagnolo (1950), sul medico missionario Albert Schweitzer (1954), sulla città industriale di Pittsburg (1955-58), sulle condizioni di povertà di Haiti (1958/59), sul Ku Klux Klan (1951-1969), sui tragici effetti dell’inquinamento da mercurio nel pesce a Minimata (Giapp.ne 1971/75).

La prima immagine è tratta dal saggio fotografico di oltre 40 immagini, pubblicato su Life e intitolato Country Doctor. Il medico di campagna (1948) che vede come protagonista il dottor Ernest Ceriani, un medico condotto che esercitava la sua professione a Kremmling, un piccolo centro agricolo ad ovest della città di Denver ai piedi delle Montagne Rocciose. Smith attraverso le sue immagini, che riprendono la giornata lavorativa dal mattino fino alla sera di questo oscuro professionista, vuole documentare la vita privata, il tempo libero, ma soprattutto l’impegno sociale e l’altro valore morale di questo oscuro medico di campagna che svolge con coscienza il suo lavoro al servizio delle popolazioni di una decentrata zona rurale, un professionista chiamato a compiere la sua missione sia nelle abitazioni, sia nella corsia e nella sala operatoria di quel piccolo ospedale di provincia. La seconda immagine è stratta dal racconto La levatrice nera (1951), nel quale Smith documenta il lavoro e l’impegno di questa ostetrica di colore che opera a favore di una comunità molto povera ed emarginata per far venire nascere nuove vite che senza la sua preziosa assistenza rischierebbero di non venire mai al mondo.