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Uomo con sindrome emorragica cutaneo-mucosa e splenomegalia

Riccardo Centurioni, Francesco Saraceni

Medicina Interna ed Ematologia

Centro Trapianti Cellule Staminali Accreditato JACIE

AV3 Ospedale Civitanova Marche

 

Scenario clinico e specifica del setting di ricovero

 

Un paziente di 56 anni di età, sesso maschile, accedeva al Pronto Soccorso nel maggio 2013 in seguito alla comparsa di una sindrome emorragica cutaneo-mucosa (gengivorragia, epistassi, ecchimosi e petecchie/porpora). Agli esami ematici si rilevava piastrinopenia severa (1000/mmc).

Dall’anamnesi emergeva esposizione professionale a pesticidi (operatore agricolo). Non si segnalavano patologie concomitanti di rilievo. Nessuna terapia abituale.

Clinicamente si evidenziava una obiettività negativa (escluse le già citate manifestazioni emorragiche), i parametri vitali risultavano nei limiti. Non altri sintomi o segni di rilievo. 

Esami di laboratorio di approfondimento di una piastrinopenia severa isolata:

Striscio sangue periferico

Sierologia HCV, HIV.

Ricerca Helicobacter Pylori

Anticorpi anti-nucleo, LAC, anti-Cardiolipina, anti-GPI

In casi selezionati, a seconda dell’anamnesi e del quadro clinico:

HBV nei candidati a terapia con anti CD20

Studio funzione tiroidea

Vitamina B12, folati

Bibliografia: Current management of Immune Thrombocytopenia. C.E. Neunert. ASH Educational Book, 2013

Dal punto di vista laboratoristico si evidenziavano normali livelli di emoglobina e leucociti, normale funzionalità epatica e renale, normali parametri emocoagulativi. All’esame dello striscio di sangue periferico assenza di schistociti, rarissime piastrine, non evidenza di forme immature della serie granulocitaria. Dal punto di vista immunologico risultava negativa la ricerca degli anticorpi anti nucleo, anti DNA, anti ENA, non evidenza di consumo complementare. Negativa la ricerca di anticorpi anti HCV, dell’HBsAg, dell’HIV e la ricerca dell’antigene per l’H. pylori nelle feci. 

La radiografia del torace risultava negativa, mentre l’ecografia dell’addome mostrava solo un lieve incremento del volume splenico (diametro longitudinale 12,5cm).

Il medico di reparto, raccolta accuratamente l’anamnesi ed effettuato un esame fisico completo, definisce così il problema:

Piastrinopenia severa isolata associata a lieve splenomegalia.

Alla luce del quadro clinico, laboratoristico e radiologico, e dell’esame dello striscio di sangue periferico, si pone diagnosi di Porpora Trombocitopenica Immune.

Qual è la terapia di pima linea di una Porpora Trombocitopenica Immune?

Trattamento di prima linea

Terapia steroidea (es. prednisone 1 mg/kg) è da preferire a Immoglobuline ad alte dosi

Immunoglobuline ad alte dosi possono essere utilizzate in associazione a steroidi se è richiesto un più rapido incremento della conta piastrinica

Immunoglobuline ad alte dosi possono essere utilizzate come terapia di prima linea se steroidi sono controindicati

Se le Immunoglobuline sono utilizzate, la dose deve essere di 1 g/kg in unica somministrazione, eventualmente ripetuta il giorno successivo se necessario

Bibliografia: linee guida ASH 2011[1] e update 2018. [2] Gli autori evidenziano come l’obiettivo della terapia debba essere quello di incrementare la conta piastrinica a livelli di sicurezza per prevenire il rischio di sanguinamenti maggiori piuttosto che normalizzare il livello di piastrine. Occorre anche considerare la possibilità di una remissione spontanea nel 10-20% dei casi, soprattutto pediatrici.

Le linee guida forniscono le seguenti indicazioni specifiche riguardo la terapia di prima linea della PTI:

  1. La terapia deve essere somministrata ai pazienti di nuova diagnosi con conta piastrinica<30000/mmc. (Evidenza grado 2C)
  2. Una terapia prolungata con corticosteroidi (es. Prednisone1 mg/Kg per 21 giorni seguiti da lento tapering dello steroide) è da preferire a brevi cicli a più alto dosaggio o alle Immunoglobuline ad alte dosi come terapia di prima linea. (Evidenza grado 2B)
  3. Le immunoglobuline ad alte dosi possono essere utilizzate assieme ai corticosteroidi se è richiesto un più rapido incremento della conta piastrinica. (Evidenza grado 2B)
  4. Le immunoglobuline possono essere utilizzate come terapia di prima linea se c’è controindicazione ai corticosteroidi. (Evidenza grado 2C)
  5. Se vengono utilizzate immunoglobuline è preferibile utilizzare il dosaggio di 1g/Kg unica dose, eventualmente da ripetere. (Evidenza grado 2B)

Nel caso in esame, veniva intrapreso trattamento con steroide (prednisone 1mg/Kg) al quale, persistendo le manifestazioni emorragiche, venivano aggiunte il giorno successivo Immunoglobuline (400mg/Kg x 5 gg). Data la comparsa di epistassi severa veniva effettuata anche una trasfusione di concentrato piastrinico dopo la infusione delle immunoglobuline.

Quali sono i criteri di definizione di risposta alla terapia?

Remissione completa

Conta piastrinica>100x109/L

Remissione

Conta piastrinica fra 30 e 100 x 109/L

Non risposta

Conta piastrinica<30 x 109/L o meno del raddoppio della conta basale

Perdita della risposta o recidiva

Conta piastrinica<100 o a 30x109/L

Bibliografia: Rodeghiero F. et al.[3]

Nel caso clinico in questione, la conta piastrinica non si innalzava al di sopra di 10x109/L, e si constatava quindi la mancata risposta alla terapia di prima linea. Inoltre, il quadro clinico restava grave, si assisteva alla comparsa di ematuria e anemizzazione che richiedeva supporto trasfusionale con emazie concentrate.

Quali sono le raccomandazioni riguardo la terapia di seconda linea della PTI?

Trattamento dei pazienti refrattari o ricadono dopo terapia di prima linea

Splenectomia

Agenti TPO-mimetici possono essere considerati nei pazienti a rischio di sanguinamento che hanno fallito terapia di prima linea e che non sono stati sottoposti a splenectomia

Rituximab può essere considerato nei pazienti a rischio di sanguinamento che hanno fallito una terapia precedente (steroidi, Immunoglobuline o splenectomia)

Bibliografia: Ghanima W. et al, [4]Linee guida ASH 20111 e 20182, Provan et al.5

Si prendono in esame tre documenti: la pubblicazione “How I treat immune thrombocytopenia: the choice between splenectomy or a medical therapy as second-line treatment” pubblicata da Ghanima W. et al.nel 2011, le già citate linee guida ASH 2011 e l’International Consensus del 2010.[5] In tutte e tre le pubblicazioni, gli autori ribadiscono ancora una volta il concetto che, come per la terapia di prima linea, lo scopo della terapia è quello di mantenere un livello di piastrine sufficiente a prevenire sanguinamenti maggiori e non di normalizzare la conta piastrinica.

Tre sono le possibili opzioni per la terapia di seconda linea: splenectomia, rituximab o agenti TPO-mimetici. La scelta tra tali strategie dipende in grande misura dalle caratteristiche e preferenze del paziente, e non sono disponibili dati di studi prospettici randomizzati che abbiano confrontato direttamente tali opzioni.

La splenectomia ha rappresentato la terapia di seconda linea di scelta per decadi, e resta ad oggi l’opzione che fornisce la più alta percentuale di remissione a lungo termine, ma occorre considerare i rischi operatori e le possibili complicanze infettive.  Tuttavia una adeguata selezione dei pazienti, l’adozione dell’approccio per via laparoscopica e una più adeguata profilassi anti-infettiva hanno significativamente ridotto morbidità e mortalità.

La terapia con Rituximab è in grado di fornire remissioni a lungo termine, ma possono rendersi necessarie somministrazioni ripetute per mantenere la risposta; occorre inoltre tenere presente il rischio di immunosoppressione a medio-lungo termine. Gli agenti TPO-mimetici sono considerati delle ottime strategie di mantenimento ma devono essere somministrati a lungo termine nella grande maggioranza dei pazienti per mantenere una adeguata conta piastrinica, nonostante siano descritte rare remissioni durature una volta interrotta la terapia.

Nello specifico, le linee guida ASH 2011 raccomandano:

  • Splenectomia per i pazienti che hanno fallito terapia di I linea con steroidi (Evidenza grado 1B);
  • Agenti TPO-mimetici per i pazienti ad alto rischio di sanguinamento con ricaduta dopo Splenectomia o per i quali la splenectomia è controindicata (Evidenza grado 1B)
  • Gli agenti TPO-mimetici possono essere considerati per i pazienti ad alto rischio di sanguinamento che hanno fallito terapia di I linea (steroidi e/o immunoglobuline) (Evidenza grado 2C)
  • Il Rituximab può essere considerato per i pazienti a rischio di sanguinamento che hanno fallito una terapia di I linea quale steroidi, immunoglobuline o splenectomia (Evidenza grado 2C)

Risulta evidente come tali raccomandazioni suggeriscano la splenectomia nei casi nei quali tali procedura non risulta controindicata, tuttavia lascino ai clinici ampi margini di scelta in base alle caratteristiche e alle preferenze dei pazienti. È impressione di molti clinici che l’ampia diffusione di informazioni riguardo gli agenti TPO-mimetici abbia incrementato il numero di pazienti che preferisce evitare la procedura chirurgica.

Nel caso clinico in questione, si decideva per una terapia di seconda linea con Rituximab 375 mg/m2 settimanale per 4 settimane, che tuttavia non portava alcuna risposta, per cui si ometteva la 4° somministrazione prevista.  

Si instaurava quindi una terapia con TPO-mimetico, e si sceglieva il Romiplostim.

Non esistono dati di studi clinici randomizzati che confrontino l’efficacia e la tossicità dei due agenti TPO-mimetici attualmente disponibili (Romiplostim e Eltrombopag). Quindi la scelta dipende dalle caratteristiche del paziente e dalle sue preferenze, considerando soprattutto la modalità di somministrazione e la schedula del farmaco.

Figura 1. Differenti punti di attacco degli agenti TPO-mimetici romiplostim e eltrombopag

Tabella 1. Eventi avversi associati agli agenti TPO-mimetici

Romplostim

Eltrombopag

Piastrinosi

Eventi trombotici

Cefalea

Disturbi gastrointestinali

Incremento trama reticolinica midollare

Possibile rischio di evoluzione leucemica in MDS

Epatotossicità

Nel caso in questione, la terapia con Romiplostim non otteneva alcun risultato, e la conta piastrinica si manteneva inferiore a 5x109/L. Nel frattempo si assisteva alla comparsa di insufficienza renale acuta a genesi post-renale con idroureteronefrosi da ostruzione da parte di coaguli endo-ureterali. Si rendeva necessario supporto dialitico con pronta regressione del quadro.

Al fine di escludere altre possibili cause di piastropenia refrattaria, si eseguiva biopsia osteomidollare che evidenziava incremento della componente megacariocitaria costituita prevalentemente da elementi ipolobulati, in assenza di altri reperti di rilievo.

Collateralmente si instaurava una sepsi da pseudomonas aeruginosa e S. Aureus MRSA; si intraprendeva quindi terapia antibiotica mirata con risoluzione del quadro.  

Data la mancata risposta alle terapie effettuate e la gravità del quadro clinico, dopo discussione collegiale con colleghi Anestesista Rianimatore e Chirurgo, si optava per una Splenectomia. Data la conta piastrinica nell’immediato pre-operatorio inferiore a 5000/mmc, la procedura chirurgica è stata preceduta da infusione di concentrati piastrinici e immunoglobuline ad alte dosi, quindi sono stati infusi pool piastrinici anche nell’immediato post-operatorio. L’intervento non è stato gravato da complicanze di rilievo.

Per quanto riguarda la procedura chirurgica di splenectomia, la tecnica per via laparoscopica si è affermata negli ultimi anni come metodica standard, date le evidenze di una ridotta morbidità e mortalità rispetto alla procedura open, come evidenziato da una recente pubblicazione sul tema.[6] È importante ricordare che i pazienti in attesa di splenectomia devono essere sottoposti a vaccinazione contro germi capsulati almeno 2 settimane prima della procedura chirurgica.

Successivamente all’intervento (eseguito nel luglio 2013) i valori piastrinici raggiungevano uno zenit di 101x109/L, ma tendevano a decrescere nei giorni immediatamente seguenti.

Si instaurava quindi una terapia con ciclosporina e danazolo che comportava una epatotossicità senza ottenere una crescita della conta piastrinica.

Collateralmente compariva una polmonite da Citomegalovirus, per cui il paziente veniva trattato con Ganciclovir con risoluzione del processo infettivo.

Successivamente si decideva  di effettuare un tentativo con il secondo agente TPO-mimetico (Eltrombopag, agosto 2013), che portava finalmente a una pronta risposta con normalizzazione dei valori piastrinici nell’arco di alcune settimane. La terapia è stata proseguita per 6 mesi e quindi sospesa, con il mantenimento dei valori delle piastrine stabilmente sopra la soglia di 100 x109/L.

Nel giugno del 2016 si assisteva alla recidiva con piastrinopenia severa (15 x109/L), per cui si instaurava nuovamente terapia con eltrombopag con pronta risposta, e la terapia veniva quindi successivamente sospesa.

Nell’aprile del 201 compariva anemia emolitica Coombs positiva, in assenza di piastrinopenia, per cui si intraprendeva terapia con steroide e immunoglobuline senza beneficio. Successivamente si somministrava rituximab settimanale per 4 settimane con normalizzazione dei livelli di emoglobina.

Nel mese successivo compariva nuovamente piastrinopenia per cui si riprendeva terapia con eltrombopag, con ottenimento di remissione completa, terapia quindi sospesa dopo 3 mesi.

Si assisteva quindi a una ulteriore recidiva della piastrinopenia, nel maggio del 2018, per cui veniva nuovamente intrapresa terapia con TPO mimetico con ottenimento di remissione completa. Dopo tre mesi la terapia veniva nuovamente sospesa senza assistere a recidiva.

Il fatto che per ben tre volte la piastrinopenia si fosse presentata a primavera inoltrata in contemporanea alla effettuata di lavori agricoli ci ha indotto a chiedere una Consulenza al Servizio di Prevenzione e Sicurezza negli ambienti di lavoro della nostra azienda sanitaria locale.

Le conclusioni del consulente sono risultate a favore di una possibile eziologia conseguente alla esposizione a pesticidi utilizzati in agricoltura per cui veniva consigliato di evitare la preparazione dei pesticidi, di evitare il rientro in campo una volta che gli stessi erano stati dispersi, di utilizzare un trattore con cabina dotata di aria condizionata e di indossare mascherina a filtro.

Bibliografia

 

[1]Neunert C, Lim W, Crowther M, Cohen A, Solberg L Jr, Crowther MA. The American Society of Hematology

2011 evidence-based practice guidelinefor immune thrombocytopenia. Blood. 2011;117(16):4190-4207.

[2]     Cindy E. Neunert and Nichola Cooper. Evidence-based management of immune thrombocytopenia: ASH guideline update. Hematology 2018 2018:568-575; doi:10.1182/asheducation-2018.1.568

[3] Rodeghiero F, Stasi R, Gernsheimer T, et al. Standardization of terminology, definitions and outcome criteria in immune thrombocytopenic purpura of adults and children: report from an international working group. Blood. 2009;113(11): 2386-2393.

[4] Ghanima W, Godeau B, Cines DB, Bussel JB. How I treat immune thrombocytopenia: the choice between splenectomy or a medical therapy as a second-line treatment. Blood. 2012 Aug 2;120(5):960-9. doi: 10.1182/blood-2011-12-309153

[5]Provan D, Stasi R, Newland AC, et al. Internationalconsensus report on the investigation and management of primary immune thrombocytopenia. Blood. 2010;115(2):168-186.

[6]Rodeghiero F. A critical appraisal of the evidence for the role of splenectomy in adults and children with ITP.

    Br J Haematol. 2018;181(2):183