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Lettera al Presidente

Chiarissimo Prof. Tura,
 

Ho letto la sua introduzione al numero del 2 Maggio,  di Medicina e Cultura, ed ne ho apprezzato il contenuto perché, nelle poche righe scritte, Lei  affronta un problema immenso: il metodo scientifico e la sinergia tra esperienza umana e tecnologia. Concordo perfettamente con Lei sulla analisi delle tendenze e dei cambiamenti comportamentali che hanno fatto seguito alla massiccia innovazione tecnologica degli ultimi cinquant’anni, ma non credo sia stata solo una questione di “comodità”, di accorciamento dei tempi, della maggiore accuratezza diagnostica che le macchine possono offrire. Credo ci sia di più e, purtroppo, di molto peggio. Si sta configurando una competizione  uomo-macchina, e la macchina vince, anche quando sbaglia!

Ricordo l’atteggiamento del Dr. Sanguinetti quando, nei primi cateterismi cardiaci, registravamo un parametro emodinamico paradossalmente alterato. Lui valutava immediatamente la possibile coerenza di quel parametro con la condizione clinica del paziente e se coerenza non c’era, si girava verso di me e proponeva di ripetere le misure: non era la misura che determinava la malattia, era la condizione patologica che determinava l’alterazione del parametro, che la strumentazione documentava quantitativamente, in coerenza con il Metodo Scientifico.  Mi piaceva questo modo di ragionare, che caratterizzava il gruppo clinico che mi aveva accolto; metodo  che, purtroppo, è stato completamente ribaltato dalla valanga  tecnologica che ha investito la medicina  e dalle linee guida delle società scientifiche.

Se all’Eco-Doppler si rileva una stenosi serrata della valvola aortica, non importa se l’omino sta bene e scavalca le montagne in bicicletta: gli viene diagnosticata una valvulopatìa severa e con quel referto viene portato sul tavolo operatorio.  Qualcuno pensa che questa tendenza sia inarrestabile; io, che sono un tecnologo, penso di no! Anzi, proprio in questo momento di apparente prevalenza delle macchine sugli uomini, credo si debbano riscoprire “ I maestri”, capaci di insegnare ai giovani medici quella “ observatio  et ratio” che sta alla base della evoluzione del metodo scientifico che si è avuta nei secoli e che rappresenta lo stretto legame tra medico e paziente. Altrimenti avremo pazienti “curati” da tecnici ed infermieri (sta già avvenendo!) e medici valutati  per la loro capacità di richiedere esami strumentali in coerenza con le linee guida, piuttosto che in base alla loro capacità di applicare l’arte adeguandola ai tempi, per mantenere   un buon rapporto umano con il paziente.

 

Un carissimo saluto,

Romano Zannoli 

Romano Zannoli, Professore di Fisica nell'Alma Mater, esperto di tecnologie biomediche, ha collaborato per molti anni nel Policlinico Sant'Orsola Malpighi con l'Istituto di Cardiologia.