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La lussuria e la religione (terza puntata)

Alberto Pellegrino

AO

 

 

 

 

Parlare della lussuria nei vari campi della cultura occidentale sarebbe impresa tale da non poter rientrare nei limiti di questo scritto, per cui ci si limiterà a fare alcuni esempi emblematici.

 

Il mondo classico

Nell’antichità la lussuria è impersonata da molti personaggi femminili a conferma di una visione maschilista della tradizione antropologica e letteraria. La prima è Semiramis, leggendaria regina assira e saggia fondatrice dell’impero assiro-babilonese con la sua capitale Babele e con l'invenzione dei giardini pensili famosi in tutta l'antichità. Secondo un’altra leggenda Semiramis è una bellissima cortigiana che diviene la sposa del re Nino, al quale chiede di poter regnare per cinque giorni ma, approfittando del potere concessole, uccide il re e s’impossessa del trono.  Da quel momento conduce una vita segnata dalla dissolutezza e dalla lascivia, avendo numerosi amanti che uccide quando è stanca di loro. Arriva al punto di avere un rapporto incestuoso con figlio Nysias e viene uccisa in un complotto ordito dal figlio stesso; secondo un'altra versione, Semiramis riesce a sventare il complotto e, dopo aver perdonato il figlio, si uccide.

Nell’Odissea troviamo la figura della bellissima maga Circe, una “divoratrice” di uomini che sottomette sessualmente per poi trasformarli in maiali, fatta naturalmente eccezione per l’astuto Ulisse. Dalla poesia epica e dal teatro tragico emerge la figura di Elena, l’affascinante figlia di Tindaro, donna immorale, astuta, sempre pronta a usare la sua bellezza, un’adultera lussuriosa e lasciva che ha causato la distruzione di Troia. Secondo altre fonti è considerata una sposa casta e ingiustamente diffamata, che non mai stata rapita da paride, perché gli dei l’hanno sostituita con un suo simulacro.

Sempre alla mitologia greca appartiene il personaggio di Pasife, moglie di Minosse, re di Creta e madre di otto figli tra cui Arianna e Fedra a sua volta divenuta simbolo di una sfrenata passione incestuosa per il figlio del marito Teseo. Secondo la versione più comune, Poseidone invia a Minosse un bianco toro da sacrificare in suo onore, ma il re non ubbidisce la dio e sacrifica un altro animale, tenendo per sé il bellissimo esemplare.  La vendetta divina non tarda ad arrivare e Pasife è dilaniata da una folle passione per quell'animale da spingerla a desiderare ardentemente di poter giacere con lui. Per soddisfare quell’impulso mostruoso, la regina chiede al grande architetto Dèdalo di costruirle  una vacca di legno cava e rivestita della pelle di un esemplare femmina all’interno della quale potrà consumare il rapporto, dal quale nascerà il Minotauro, un mostro carnivoro costudito all’interno del Labirinto costruito sempre da Dedalo e ucciso da Teseo con l’aiuto di Arianna. Questa storia ha acceso la fantasia di Gabriele D’Annunzio, il quale nel DITIRAMBO IV di Alcyone immagina che il giovane Icaro (figlio di Dedalo) sia preso da una possente passione per la regina Pasife e assista disperato (non visto) al bestiale accoppiamento della bellissima donna (“La figlia del Sole/amai, che per libidine soggiacque/alla bestia di nerbo più potente. / Spendea divinamente/la sua carne quand’ella penetrava/nel simulacro per imbestiarsi/Io chiuso in me riarsi”).

Un figura storica è invece Cleopatra, regina d’Egitto, “mangiatrice di uomini”, dissoluta concubina di Giulio Cesare e di Marco Antonio, capace di usare il fascino e la sensualità per sottomettere gli uomini al suo potere. Al contrario Shakespeare né fa la protagonista di grande storia d’amore nella tragedia Antonio e Cleopatra, mentre gli storici hanno oggi sfatato il mito di Cleopatra seduttrice per rivalutarne la figura di donna indipendente, di regina colta e abile politica.


I testi biblici

Nell’Antico Testamento sono presenti esempi di lussuria, un peccato al quale va soggetto persino il grande re David, ma nella Genesi si trovano i segni di una distorsione interpretativa della colpa originaria commessa da Adamo ed Eva che perdono il loro primordiale stato di perfezione a causa del loro peccato di superbia (voler acquisire la conoscenza del Bene e del Male). Come punizione sono cacciati dal Giardino dell’Eden e cominciato a provare vergogna per la nudità dei loro corpi, a provare un senso di colpa per la perdita della loro innocenza. Molto tempo dopo viene data al loro peccato una valenza sessuale (mordere la mela come il simbolo del godimento di un piacere vietato) e il sesso diventa qualcosa da tenere nascosto; la sessualità è vista come una passione capace di soggiogare l’essere umano; la lussuria è considerata la libertà di usare il sesso senza alcun controllo, creando un dualismo tra anima e corpo, portatore di pulsioni da considerare manifestazioni demoniache. La Chiesa cattolica condanna la lussuria come massima espressione di una morale “disordinata”, come un impulso incontrollabile che spinge a mordere il “frutto proibito” del peccato. Fra tutti i vizi capitali la lussuria è quella che incute più paura e vergogna, per cui il sesso è spesso collegato all’aggettivo “osceno” ed è visto come un’offesa al pudore, un turbamento dell’ordine sociale, una trasgressione dalla quale bisogna difendersi che va punita per legge.  

Nei Vangeli le donne occupano al contrario un posto di grande rilievo e lo stesso Gesù si mostra comprensivo verso le peccatrici e le emarginate. L’unica eccezione è la storia di Erodiade e Salomè che rientra però nel rapporto conflittuale stabilitosi tra il re Erode e Giovanni il Battista, la cui morte è raccontata in modo dettagliato da Marco (6, 17/29). Erode ha fatto arrestare Giovanni che lo ha accusato di un incestuoso per avere sposato Erodiade, moglie di suo fratello Filippo. Il re odia il profeta e vorrebbe la sua morte, ma non si decide perché ha timore di quello uomo. Per la festa del suo compleanno la regina fa danzare la figlia Salomè che con la sua sensualità accende la passione di Erode, che si dichiara disposto a concederle qualsiasi cosa anche metà del suo regno. Su suggerimento di Erodiade la giovane chiede la testa di Giovanni e il re l’accontenta, facendo decapitare il profeta. I due personaggi femminili scatenano la fantasia di pittori come Gustave Moreau (detto il pittore di Salomè), di grandi scrittori come Flaubert con la sua Erodiade dove ricostruisce la storia della regina incestuosa e della sua sensuale figlia nella celebre “danza dei sette veli” che desta la concupiscenza di Erode (“I suoi piedi correvano l’uno dinanzi all’altro…le sue braccia incurvate chiamavano qualcuno, che sempre fuggiva. Ella lo inseguiva più leggera di una farfalla, come una Psiche curiosa, come un’anima vagabonda, e sempre prossima a librarsi in volo… Le palpebre socchiuse, ella torceva i fianchi, muoveva il ventre con dondolii di flutto, faceva tremolare i seni, ed il suo viso rimaneva immoto, ed i suoi piedi non si arrestavano”). A sua volta Oscar Wilde con la Salomè scrive il suo capolavoro teatrale denso di sensualità, sangue ed orrore, raggiungendo uno dei vertici del decadentismo europeo.

 

Il mondo medioevale e moderno

Nel Medioevo Dante Alighieri affronta il tema della lussuria nel Canto V della Divina commedia, dove nel secondo cerchio sono puniti coloro che hanno commesso questo peccato. Il poeta vede i dannati che sono trascinati da una "bufera infernal" e che emettono grida, lamenti e bestemmie. In questa lunga schiera Virgilio indica al poeta alcuni celebri lussuriosi come Semiramide,  DidoneCleopatraElena, AchilleParide e Tristano. Dante è poi attratto da una coppia di anime e richiama la loro attenzione e “come colombe dal desio chiamate” quelle si avvicinano uscendo per un momento dalla bufera infernale. Si tratta di Paolo Malatesta e Francesca da Polenta e sarà la giovane a raccontare la tragica e dolorosa storia della loro passione, facendo cadere il poeta in uno stato di grande commozione e profonda angoscia.

In una storia e in una tradizione culturale dominata e tramandata da uomini continua questa visione delle donne viste come grandi peccatrici, pericolose seduttrici, emissarie del demonio. A riequilibrare le cose si afferma il mito di Don Giovanni il grande seduttore, il lussurioso per eccellenza che parte dal Cinquecento con Tirso de Molina per arrivare fino al Novecento, passando per Molière e Mozart. Questa figura, presente nella narrativa, nella poesia, teatro, nell’opera lirica e nel cinema, è diventata l’incarnazione per antonomasia del seduttore e della sensualità più sfrenata: Don Giovanni Tenorio, che nasce come personaggio teatrale e letterario, conquista rapidamente una tale popolarità da rientrare nel novero dei grandi miti della civiltà occidentale, occupando un posto ormai stabile nell’immaginario collettivo della società di massa. A questo proposito il filosofo Ortega y Gasset scrive che “esistono tre tipi di uomini. Quelli che credono di essere don Giovanni, quelli che credono di essere stati don Giovanni e quelli che credono che avrebbero potuto esserlo ma non lo hanno voluto” e questi ultimi sono quelli che colti- vano la maggiore illusione”. In ogni essere umano è quindi possibile che possa nascondersi un Don Giovanni, cioè un giovane uomo dalla sfrenata sensualità, un libertino e un conquistatore di femmine, un individuo che disprezza le regole e ama la trasgressione, che non ha paura della morte, che irride l’aldilà e la stessa divinità.  Si tratta di un personaggio che rappresenta il clima teatrale, sensuale e passionale della società barocca, ma che continua a incarnare una visione del mondo segnata dal confine tra bene e male, piacere e dovere morale, trasgressione e punizione. La sua insofferenza verso ogni legge umana e divina lo porta a prendersi gioco della statua di un uomo ucciso in duello, il padre di una donna che ha sedotto, ma la statua si anima e afferra in una stretta mortale Don Giovanni, che rifiuta di pentirsi ed è trascinato nell’abisso infernale spalancatosi sotto i suoi piedi.

Lo psicanalista Massimo Recalcati dice che “il desiderio di Don Giovanni riflette il fantasma inconscio (o conscio) del desiderio maschile: godere del proprio fascino irresistibile, trasformare la donna in conquista, allungare infinitamente la lista delle proprie imprese seduttive… Tuttavia, il primo ostacolo che questa spinta è destinata incontrare è quello che in nessuna delle donne sedotte… potrà mai trovare la donna che ricerca perché la Donna non esiste…Egli decide di essere un impenitente, di giocare con la verità: ama la maschera, il trucco, l’artificio. La sola Legge che conosce è quella del proprio godimento temerario”.

Nel Settecento Le relazioni pericolose è un romanzo epistolare di Choderlos de Laclos (1741-1803), divento celebre per il suo intrigo di relazioni sessuali, seduzioni e vendette amorose che rappresentano un lucido, spietato studio della perfidia umana e della corrotta società aristocratica settecentesca. Il deus ex machina della vicenda è la Marchesa di Merteuil che, animata da spirito di vendetta e dal desiderio di calpestare la virtù altrui, diventa l’istigatrice di tutti i personaggi e in particolare del Visconte di Valmont che deve portare a termine la sua opera di seduzione nei confronti di due donne virtuose: Cécile de Volanges, una ragazza ingenua appena uscita di collegio e destinata a sposare un grande di Francia; Madame de Tourvel che cede dopo lunghe resistenze per essere poi abbandonata alla sua disperazione. L’ epilogo vedrà un’esemplare punizione dei due colpevoli che pagheranno duramente i loro misfatti.

 

L’età contemporanea

Nell’Ottocento va segnalato il romanzo Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde, considerato un capolavoro della letteratura decadente e fondato sul conflitto tra piacere estetico-edonistico e moralità secondo una "professione di fede" che l’autore tende a fare propria e a perseguire per tutto l'arco della sua esistenza attraverso la sua produzione artistica e una condotta di vita decisamente anti-vittoriana e anti-conformista, sprezzante del buonsenso e dei canoni della morale borghese. Wilde opta per il rovesciamento del principio che la vita a produrre l’arte, ma è la vita a essere un risultato dell'arte. Per questo egli attribuisce nel romanzo una grande importanza al dominio dei sensi e a un’esperienza estetica basata sulla ricerca del piacere, a uno stile di vita disinibito e dissoluto che porta Dorian Gray allo sfacelo morale, al crimine e alla morte.

Agli inizi del Novecento il decadentismo si afferma in Italia grazie alla forte personalità di Gabriele D’Annunzio, il quale nei romanzi più celebri (Il Piacere, Il fuoco) mostra che peccato dei sensi è il più degno di ostentazione, per cui tutte le sue opere sono dominate una estetizzante dedizione al piacere. Egli trasferisce alcune delle sue dei romanzi nel teatro, nel quale l’esaltazione del Superuomo si coniuga con una componente erotico-sessuale intesa come forma di ribellione contro la società: alla presenza del Eroe si contrappone la rappresentazione della donna passionale e feroce dominatrice dell’uomo; il sesso diventa una energia dirompente che supera ogni limite morale; una forma di religiosità caratterizzata da un forte erotismo che si può cogliere in particolare in questi tre drammi.

La Parisina è una tragedia segnata dal sangue e dalla passione, dal delirio e dalla follia, dall’adulterio e dall’incesto commesso dal giovane Ugo e dalla sua bellissima matrigna, un peccato che viene pagato con la morte di entrambi dopo le forze più selvagge e violente, gli istinti più indomabili e irrefrenabili si sono scatenati lungo tutta la trama.

La Gloria è una tragedia nazionalista ambientata nella decadente Bisanzio, che vede Ruggero Flamma impegnato a distruggere la società esistente per crearne una nuova dominata dalla figura dell’Eroe. La vera protagonista è però Comnena che ha la terribile forza di una Gorgone e il fascino distruttore di Circe: incarnazione della donna ribelle a qualsiasi legge, usa il suo bellissimo corpo come un’arma per sottomettere gli uomini e annientare ogni eroismo maschile. Il suo corpo emana una sessualità talmente possente da racchiudere l’intero eros cosmico ed ha la bellezza di un angelo decaduto capace di suscitare passioni lascive che attraggono e uccidono. Per questo si offre come un oggetto del desiderio capace di dare felicità e infelicità, degradazione e piacere fino alla sublimazione del peccato.  

La Nave è una tragedia ambientata nell’Alto Medioevo, quando la costruzione di una nave diventa il simbolo della nascente potenza di Venezia, la quale si contrappone al potere della Chiesa che governa per mezzo del nepotismo, del clientelismo e della corruzione. La protagonista è Basiliola, una donna divorata dalla lussuria e dal desiderio di conquistare il potere: coraggiosa e sensuale, superba e vendicativa, usa la propria bellezza per accendere la passione e sfruttare la libidine dei maschi per raggiungere i propri scopi fino a offrire la propria nudità agli sguardi dei potenti mentre danza per accendere la loro passione. Simile a un demone assetato di sangue e di strage, a una indemoniata più potente di qualsiasi divinità, Basiliola è capace di travolgere anche gli uomini più saggi per poi sacrificare la propria vita per Marco, l’unico uomo che ama, in una cupa e morbosa mescolanza di amore e morte (Eros e Thanatos).