Alberto Pellegrino
Nel Paleolitico e nel neolitico la prima divinità oggetto di culto è stata la Grande Madre spesso raffigurata con statuette di pietra come una donna incinta in quanto simbolo di fertilità e trasmissione della vita. L’organo sessuale femminile in quelle società non era ritenuto impuro ma era considerato la porta d’ingresso alla vita, il simbolo universale del passaggio dal mondo dei non-vivi al mondo dei vivi.
Molto tempo dopo, in tutto l’arco del Mediterraneo, la sessualità è stata considerata un mezzo di contatto con la divinità, tanto è vero che in molti templi esisteva la prostituzione sacra praticata dalle sacerdotesse, il cui compito era tenuto in altissima considerazione e non offendeva la morale comune. Infatti, lo scopo di questa prostituzione era quello di celebrare la sessualità come rito propiziatorio per avvicinarsi al divino e il sesso era considerato uno degli strumenti che gli dei avevano posto negli esseri umani per la procreazione e per la celebrazione della fertilità tutelata dalle dee Ishtar, Astarte, Afrodite e altre. La sessualità era pertanto considerata una forma di preghiera, una delle più alte manifestazioni della volontà divina, il modo più nobile per propiziare la fertilità femminile e favorire la prosperità di una comunità.
Nel mondo greco la sessualità era esaltata con i riti dionisiaci praticati fino al secondo secolo a.C. e, in epoca più tarda, con i Baccanali dedicati al dio Bacco, durante i quali si esaltavano i piaceri del corpo ritenuti doni divini e considerati uno strumento di contatto con quella divinità. A partire dal 186 a. C. a Roma i Baccanali vengono proibiti, mentre era esaltato il culto della dea Vesta che tutelava il focolare familiare ed era celebrato da sacerdotesse (le vestali) che dovevano praticare la castità.
In Oriente, soprattutto nell’area della religione induista, il libro Vātsyāyana Kama Sutra era considerato l’opera più importante della letteratura sull’Amore e solo una minima parte di questa opera era dedicata all’illustrazione delle posizioni sessuali. Per la gran parte in esso l’amore era descritto come un’unione divina e il piacere non era considerato un peccato, ma era visto come una via morale iniziatica al Kama (il piacere) che nella cultura induista è uno dei quattro scopi della vita umana riuniti nel Purushartha, che letteralmente significa "obbiettivo della ricerca umana". Gli altri tre scopi sono il Dharma (i valori morali), l’Artha (il benessere economico) e il Moksha (la liberazione spirituale).
Nell’’Ebraismo la lussuria è considerata un peccato, in quanto menomazione della volontà individuale e della capacità di discernere tra il bene e il male, ma non un "male di per sé", cioè un atto per sua natura riprovevole. Nella Bibbia, più precisamente nel Deuteronomio e nel libro dell'Esodo, il sesto comandamento consiste nel "Non commettere adulterio", rivelando un'intenzione di focalizzarsi più sulla fedeltà coniugale piuttosto che sul controllo delle proprie passioni sessuali. Nella precedente puntata è stato indicato il Cantico dei Cantici come un esempio poetico del valore dell’eros e dell’amore. Viceversa, sempre nella Bibbia sono narrate le storie di grandi personaggi che rimangono vittime della lussuria.
Sansone è un giudice che, nel Libro dei Giudici, è considerato un eroe dalla forza prodigiosa concessagli direttamente da Dio. Egli compie imprese straordinarie nella guerra di liberazione contro i Filistei considerati i più accaniti nemici del popolo d’Israele, ma nel corso della sua vita avventurosa rimane vittima della lussuria, quando in terra filistea conosce una donna di nome Dalila, alla quale i capi dei Filistei offrono un’ingente somma per sedurlo e fargli rivelare il segreto della sua forza in modo da poterlo catturare. In ogni incontro Dalila interroga Sansone su come può essere legato, ma Sansone la inganna: la prima volta parla di sette corde d'arco fresche, la seconda di funi nuove, la terza delle sue sette trecce di capelli, ma ogni volta che Dalila lo lega seguendo le sue indicazioni, Sansone si libera dai legami. Dalila allora lo tormenta fino a quando egli le rivela il suo segreto: perderebbe tutta la forza se il suo capo fosse rasato. Dalila comprende che questa volta Sansone ha detto la verità, lo fa addormentare e chiama un uomo per radere le sette trecce dei capelli. Perduta la forza, Sansone viene sopraffatto dai Filistei, che gli cavano gli occhi, lo legano con catene di rame e lo mettono a girare la macina di un mulino. Mentre i suoi capelli cominciano a ricrescere, i Filistei celebrano un grande sacrificio in onore del dio Dagon per ringraziarlo di aver permesso la cattura del loro nemico. Sansone viene portato ad assistere ai loro giochi ma egli chiede, al fanciullo che lo conduce per mano, di portarlo vicino alle colonne che reggono il palazzo dove sono riuniti tutti i capi dei Filistei, mentre sulla terrazza assistono allo spettacolo tremila persone. Sansone invoca il Signore, abbraccia due colonne e, dopo aver gridato «Morte a Sansone e a tutti i Filistei!», fa crollare tutto l’edificio, provocando la morte sua e di tutti i nemici.
Persino il grande Re Davide è rimasto vittima della lussuria, quando una sera vede dal suo palazzo una donna bellissima che fa il bagno: è Betsabea, la moglie del suo ufficiale Uria l'Ittita. Dà ordine alle sue guardie di portarla da lui e la mette incinta. Intanto l'esercito reale, tra le cui file si trova Uria l'Ittita, è impegnato nell'assedio della città ammonita di Rabbah. Davide richiama Uria a Gerusalemme per avere notizie sull'andamento della guerra, quindi gli ordina di andare a casa con l'intento (anche se i testi biblici non lo dicano esplicitamente) di fargli trascorrere la notte con la moglie e poter così mascherare la paternità del bambino che sarebbe nato. Ma Uria disubbidisce e dorme fuori dalla porta del re, perché non ritiene giusto godere degli agi di casa mentre gli altri soldati sono impegnati in guerra. Davide allora lo fa mangiare e ubriacare, sempre con la speranza che possa recarsi dalla moglie, ma neanche la notte successiva Uria va nella sua casa. Allora Davide scrive una lettera al comandante dell’esercito per chiedere che Uria sia messo in prima linea e mandarlo incontro a morte sicura. Infatti Uria cade sotto i colpi dei nemici e Betsabea può diventare moglie di Davide. Il profeta Natan rimprovera il re, dicendogli che Dio l'avrebbe punito per questa colpa e, nonostante Davide si sua pentito, Natan gli dice che il bambino da lui concepito sarebbe morto subito dopo la sua nascita. Per sette giorni Davide digiuna con la speranza di ottenere la sua salvezza, ma il settimo giorno il bambino muore. Si ritiene che, per manifestare il suo pentimento ed espiare la colpa per la morte di Uria e di suo figlio, Davide abbia composto il Miserere, uno dei Salmi più belli e appassionati. Davide e Betsabea avranno poi un secondo figlio, Salomone, che diventerà il più grande re d'Israele.
Nella religione cristiana la lussuria è stata oggetto di varie interpretazioni anche alla luce delle mutazioni culturali intervenute nel corso dei secoli. Secondo la dottrina della Chiesa cattolica la lussuria è uno dei sette vizi o peccati capitali che contrasta con la norma morale; è il frutto della concupiscenza della carne con la quale s’infrange il Sesto Comandamento che vieta di commettere atti impuri e il Nono che impone di non desiderare la donna d'altri. Questo vizio capitale, insieme al peccato di superbia, è considerato il maggior impedimento al progresso spirituale ed è connesso a fornicazione, pornografia, pratiche omosessuali, adulterio, la poligamia e la libera unione considerata una grave offesa alla sacralità del matrimonio. Per la teologia morale la lussuria è causa di svariati effetti negativi, perché costituisce un grave turbamento della ragione e della volontà, incidendo negativamente sul libero arbitrio: provoca, infatti, un accecamento della mente, una concezione egoistica dell’amore di sé, una incapacità di controllare le proprie passioni. Secondo questa visione rigorista, espressione del Concilio di Trento e della Chiesa post-tridentina, la sessualità concepita come espressione di intima libertà è stata spesso percepita come un elemento socialmente e moralmente pericoloso da tenere sotto controllo attraverso i dettami religiosi che hanno provocato condizionamenti interni consolidati da strumenti di regolazione sociale. Nel Novecento, a questo rigorismo, si sono nel tempo contrapposte teorie più o meno radicali e collegate all’evoluzione della cultura occidentale, nella qualeal concetto di sessualità si sono inglobati valori e significati che vanno nella direzione di una minore rigidità e repressione, pur mantenendo la necessità di una regolazione sociale. Questa nuova concezione è stata una delle cause che hanno provocato i moti culturali del 1968 e la conseguente la rivoluzione sessuale che, negli anni Settanta, ha fatto uscire la sessualità dalla sfera intima del privato per essere esibita più liberamente, facendola diventare non solo un fatto pubblico, ma anche un atto politico, cogliendo l’intima connessione tra sessualità e gestione del potere. Si è affermata una maggiore conoscenza e consapevolezza sessuale collegate a una liberazione da tutti strumenti di controllo politico esercitati soprattutto sulle donne. La sessualità entra in maniera dirompente nel cinema, nella canzone, nello spettacolo, nella pubblicistica e nelle riviste, dove nel 1967 per la prima volta in Italia viene pubblicato un seno nudo, provocando forti reazioni negli ambienti politici conservatori, nell’associazioni delle famiglie e nelle organizzazioni cattoliche più tradizionali. La situazione è tuttavia in continua evoluzione, perché anche la scienza, liberata da veti culturali e religiosi, si dedica apertamente allo studio della sessualità e diversi studi scientifici dimostrano la larghissima estensione delle pratiche sessuali dei giovani. Alla fine del Novecento e nel Duemila si verificano altri cambiamenti e si assiste a una esasperazione della sessualità con una perdita di quei valori che avevano animato la rivoluzione sessuale. La sessualità etero, gay o bisessuale diventa un oggetto di marketing e uno strumento pubblicitario per veicolare messaggi e prodotti di ogni natura con il rischio che la sessualità sia ridotta un “oggetto” e sia strappata dalla necessaria funzione individuale e sociale. Una sessualità consumistica, individualista e spesso virtuale perde la sua fondamentale connotazione di relazione, produce inevitabilmente una maggiore insoddisfazione e un costante senso di inadeguatezza che si riflettono non solo sulle prestazioni sessuali, ma incidono negativamente sulla capacità di stabilire delle soddisfacenti relazioni sociali. Si sottovaluta che la soddisfazione sessuale è il risultato di buone relazioni umane che prevedono il coinvolgimento della persona e che comprendono la tenerezza, la creatività, il gioco affettuoso e l’equilibrio, la capacità di intimità emotiva e l’attitudine alla comunicazione.