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Il teatro di Camus e la peste

Il tema della peste come metafora dello scontro tra tirannia e Società

Alberto Pellegrino

AP

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lo stato d'assedio (L'État de siège) è un dramma scritto da Albert Camus nel 1948, dove riprende il tema della peste come metafora dello scontro tra tirannia e libertà. L’opera non ebbe allora il meritato successo nonostante sia stata messa in scena dal grande attore e regista Jean-Louis Barrault, con le scenografie del pittore Balthus e le musiche di Arthur Honegger. Lo stesso autore ha dichiarato che il dramma non trae ispirazione dal suo romanzo La peste, ma dal Diario dell’anno della peste di Daniel De Foe (1772). Non è “una piéce di struttura tradizionale – da scritto Camus - ma uno spettacolo creato con l’ambizione dichiarata di fondere tutte le forme di espressione drammatica, dal monologo lirico al teatro collettivo, attraverso la pantomima, il semplice dialogo, la farsa e il coro” per affrontare i temi della solitudine, dell’alienazione, della mancanza di solidarietà di fronte a un regime totalitario imposto con la paura e con la morte da parte di un tiranno incarnato dal personaggio della Peste. Solo il protagonista Diego avrà il coraggio di ribellarsi fino a sacrificare la vita per liberare la città dalla tirannia del Male. Purtroppo il popolo assiste passivamente a questa rivolta individuale e, soltanto dopo la sconfitta della Peste, si ha il coraggio di aprire le porte della cinta, affinché l’aria del mare, simbolo di purificazione e di libertà, possa “risanare” la città. Il dramma, caratterizzato da un linguaggio lirico-simbolico e dalla presenza di personaggi altrettanto simbolici impegnati in un tragico scontro tra potere, egoismo, spirito di sacrificio e desiderio di libertà, rappresenta per Camus il tentativo di elaborare “una moralità moderna”,  per tramettere un messaggio universale che suggerisca la resistenza contro la peste morale e la corruzione, che proponga la rivolta contro la manipolazione, la rassegnazione, la sottomissione alla tirannia

 

AC

La storia è ambientata a Cadice in Andalusia, dove all’improvviso si materializza il personaggio della Peste, un tiranno che vuole imporre la sua legge e la sua spietata burocrazia per essere il padrone della vita e della morte.  Egli dichiara: “Io regno: è un fatto, quindi è un diritto. Ma un diritto che non si discute: dovrete adattarvi. Non fatevi illusioni, del resto: io regno a modo mio, e sarebbe più esatto dire che io ‘funziono’. Voi siete un poco romantici, spagnoli, e mi vedreste volentieri sotto l’aspetto di un re negro o di un sontuoso insetto. Si sa: voi avete bisogno di patetico. Ebbene, no. Non ho scettro, io, e ho preso l’aspetto di un sergente. E il mio modo di tormentarvi, perché è bene che siate tormentati: avete tutto da imparare. Il vostro re ha le unghie sporche e l’uniforme stretta. Non troneggia, siede. Lo stato d’assedio è proclamato…Attenti alle idee irragionevoli, ai furori dell’anima…Ho soppresso questi minuti piaceri e ho istituito la logica. La diversità e l’arbitrio mi ripugnano. A partire da oggi sarete ragionevoli…Vi porto il silenzio, l’ordine e la giustizia assoluta. Non vi domando di ringraziarmi: ciò che faccio per voi è naturale; esigo la vostra collaborazione attiva. Il mio ministero è cominciato”. Al fianco della Peste opera la Segretaria (che in realtà è la Morte) con il compito di tenere un registro con i nomi di tutti i cittadini da far morire secondo l’insindacabile volontà del padrone. Ai due si aggiunge il personaggio di Nada (il Nulla), un filosofo miserabile e nichilista che assume l’incarico di capo della Burocrazia destinata a regolare minuto per minuto la vita di tutti gli abitanti. La Peste sarà sconfitta da Diego, un eroe che sacrifica la vita e il proprio amore per ottenere in cambio la salvezza della donna amata (Vittoria) e la libertà per il popolo di Cadice. La Peste accetta lo scambio ma non si rassegna alla sconfitta: “Sì, me ne vado ma non gridate vittoria: sono contento di me. Anche qui abbiamo lavorato bene. Mi piace che si parli tanto di me e so che, adesso, non mi dimenticherete più. Guardatemi: guardate un’ultima volta la sola potenza del mondo. Riconoscete il vostro vero sovrano e imparate la paura. Prima avevate la pretesa di temere Iddio e i suoi colpi di testa. Ma il vostro Dio era anarchico e confondeva i generi. Credeva di poter essere al tempo stesso, buono e potente. Non era logico, né sincer. Io ho scelto la potenza e nient’altro. Ho scelto il dominio e ora sapete che è cosa più seria dell’inferno”. Nada si getta in mare e un capopopolo (il Pescatore) così conclude l dramma: “E’ caduto. Le onde impetuose lo sferzano e lo soffocano dentro le loro criniere. Il mare furibondo…ci vendica. La sua ira è la nostra...O onda, o mare, patria degli insorti, ecco il tuo popolo che non cederà mai”.