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Digitale, da farmaco obsoleto a nuove prospettive di efficacia

Giuseppe Realdi

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Dopo quasi 250 anni la digitale rimane una risorsa terapeutica importante nei pazienti con scompenso cardiaco o fibrillazione atriale. Il suo effetto inotropo positivo e cronotropo negativo riduce l’ospedalizzazione nello scompenso cardiaco. Il recente RATE-AF RCT evidenzia una maggiore efficacia della digossina rispetto al bisoprololo anche nella fibrillazione atriale. Studi controllati sono in corso per un più ampio impiego e più adeguati dosaggi dei glicosidi cardiaci nella pratica clinica.

Premessa e storia
Pochi farmaci sono stati motivo di controversie come la digitale e i suoi derivati, digossina e digitalina. La pianta digitalis purpurea è nota dagli antichi Egizi, che ne utilizzavano gli infusi per le proprietà farmacologiche e tossiche. Il suo impego per lo scompenso cardiaco si deve al medico Withering, nel 1785, che ne osservò i benefici in una donna affetta da anasarca (Figura 1). Per oltre 200 anni i glicosidi cardiaci (preparati a base di digitale) sono stati usati e tutt’ora vengono usati  nelle due malattie cardiache più diffuse, scompenso cardiaco e fibrillazione atriale FA, in Europa, nelle Americhe e nei paesi orientali. Nella sola Germania, il consumo annuo per il 2013 è stato superiore ai 122 milioni di prescrizioni. A fronte dei benefici, aumento della contrattilità miocardica e rallentamento della frequenza cardiaca, la domanda che si pone è: perché questo farmaco è a tutt’oggi oggetto di dibattito e di opinioni discordanti da parte di medici e di specialisti?

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Figura 1 - 

Meccanismo d’azione
La conoscenza dettagliata delle modalità di azione della digitale rende ragione delle basi biochimiche e fisiologiche sulle quali si fonda la favorevole accettazione e il convinto impiego del farmaco. (Figura 2). Tre sono i meccanismi  d’azione: neuro-ormonale, elettrofisiologico ed emodinamico, che si traducono in una azione inotropa positiva, cronotropa negativa e dromotropa negativa (aumento della contrattilità, con riduzione della frequenza e della velocità di conduzione dell’impulso elettrico). Questo insieme di azioni rende uniche le proprietà della digitale. Il suo impiego nella clinica ha solide basi elettrofisiologiche per una patologia, lo scompenso cardiaco, costantemente in aumento, debilitante  e con elevata mortalità. Il rovescio della medaglia, emerso proprio dagli studi clinici, è la facile tossicità causata dal farmaco, che proprio per questo motivo veniva usato dagli antichi anche come potente veleno. L’indice terapeutico, cioè l’intervallo di efficacia del farmaco, è ristretto, e facilmente viene superato nella clinica, con effetti tossici anche rilevanti. La tossicità da digitale si manifesta sia come conseguenza della eccessiva stimolazione vagale, sia per l’eccessiva depressione della normale conduzione elettrica. I disturbi accusati sono molteplici e di variabile gravità: nausea, vomito, vertigini, cefalea, astenia, sincope, stato confusionale, disorientamento, delirio, allucinazioni, crisi epilettiche, blocco SA e AV, aritmie cardiache, fibrillazione ventricolare, morte. Questi effetti avversi si manifestano soprattutto nei pazienti anziani, con polipatologie, in polifarmacoterapia, con alterazioni elettrolitiche in atto (ipopotassiemia, ipomagnesemia, ipercalcemia). Il motivo principale dell’azione tossica della digitale è la sua concentrazione sierica, che da terapeutica diventa facilmente tossica e che rende l’impiego del farmaco una vera e propria sfida nella prescrizione della terapia cardiovascolare. Infatti la dose terapeutica dipende soprattutto dalla multiforme condizione clinica del paziente, che va adeguatamente valutata. La concentrazione sierica ottimale di digossina copre l’intervallo terapeutico tra 0.5 e 0.9 ng/ml. Valori superiori a 1.1 ng/ml sono tossici, anche se la tossicità si può manifestare per valori nel range suddetto.Pertanto l’intossicazione da digossina rimane una diagnosi clinica. 

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Figura 2 -

La controversia nell’impiego sul malato

L’affascinante meccanismo d’azione della digitale ha indotto i medici al suo impiego clinico fin dagli anni cinquanta, quando si ebbe sul mercato il principio attivo della digitale, la digossina, preparato disponibile sia in fiale per uso ev (da 0.50 mg), sia in compresse con vario dosaggio (0.25; 0.125; 0.0625). I picchi massimi di prescrizione si ebbero tra gli anni settanta e duemila, e tuttora viene largamente prescritta per milioni di pazienti 1.Questo ampio impiego della digossina trova motivazione in tre eventi, lucidamente identificati di recente, ma che costituiscono il motivo dominante delle controversie e dello schieramento dei medici, divisi tra favorevoli da un lato e decisamente contrari dall’altro.

Il primo fattore riguarda la tendenza, manifesta fin dal primo impiego della digitale da parte del suo scopritore, all’uso del farmaco nei pazienti più gravi. Tutt’oggi la digossina è raramente usata (e non raccomandata) come terapia di prima linea dello scompenso cardiaco e della FA. Viene invece privilegiata quando il paziente si aggrava, e risulta già in terapia con altri farmaci. Questo atteggiamento è stato definito un “confondimento di indicazione” e rappresenta un errore di prescrizione (“prescription bias”) 2,3  .

Il secondo fattore è strettamente connesso con il primo: l’errore di prescrizione è legato alla mancanza di prove cliniche di efficacia della digossina, cioè di studi clinici randomizzati controllati. Sembra inverosimile, ma in oltre 50 anni di utilizzo della digossina nella pratica clinica, gli studi randomizzati controllati sono pochissimi e fino a qualche anno fa, ne avevamo a disposizione solo uno pubblicato nel lontano 1997. Questo è il DIG trial 4 condotto in pazienti con scompenso cardiaco e ridotta frazione di eiezione (FE). Lo studio evidenziò che la digossina, a un dosaggio sierico medio di 0.86 ng/ml, non presentava alcun effetto sulla mortalità (né beneficio, né danno), mentre riduceva significativamente il periodo di degenza ospedaliera e quindi anche i costi di ricovero. Una successiva analisi fatta in sottogruppi dimostrò un beneficio anche sulla mortalità, nei pazienti con bassi livelli plasmatici di digossina 1. Questi risultati aprirono la strada a numerosi studi clinici condotti su pazienti che negli anni precedenti erano stati trattati con derivati della digitale. Nessuno degli studi era peraltro randomizzato e controllato, ma tutti erano osservazionali, con analisi fatta  a posteriori, gravati da errori di selezione,  proprio per la consuetudine di trattare con digitale i pazienti più gravi. Per tale motivo emerse che il gruppo di pazienti nei quali era usata la digitale presentava una più elevata mortalità, rispetto ai (cosiddetti) controlli, e tale maggior mortalità fu attribuita alla digitale. Conclusioni negative sulla mortalità da digossina sono emerse dai risultati di un importante studio randomizzato multicentrico di confronto tra controllo del ritmo o della frequenza, in pazienti con FA (studio AFFIRM) 5  . Questi risultati furono oggetto di molteplici valutazioni: l’effetto della digossina sulla mortalità è risultato in realtà diverso a seconda delle caratteristiche dei pazienti all’inizio dello studio. In particolare nei pazienti con bassa FE la digitale risulta in grado di prolungare la sopravvivenza. (Figura 3). 

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Figura 3 - 

Declino clinico e scientifico

Il terzo fattore può considerarsi lo specchio del bias di prescrizione descritto in precedenza. Il progressivo aumento dell’uso di digossina, non guidato da indicazioni precise e non supportato da valide raccomandazioni, ha condotto ad un progressivo aumento di segnalazioni e di lavori scientifici sugli effetti avversi della digitale, aprendo la strada al declino dell’uso. Questa considerazione trova sostegno da un recente contributo scientifico dedicato alla individuazione di pubblicazioni scientifiche sulla tossicità da digossina (Figura 4) 6 Anche una ricerca sulle pubblicazioni citate da PUBMED fa rilevare una ascesa dei lavori scientifici, fino all’apogeo del 1971. Da quell’anno l’interesse scientifico e i lavori sulla digitale si sono progressivamente ridotti, mentre quelli sulla digossina si sono mantenuti stabili negli ultimi vent’anni (Figura 5). Il declino scientifico delle ricerche sulla digossina riflette anche il minor impiego a livello medico, anche grazie alla maggiore disponibilità di  altri farmaci per lo scompenso cardiaco e per la FA decisamente efficaci. Rimase la tendenza da parte dei medici a prescrivere il farmaco nei pazienti più gravi, spesso in aggiunta a qualcuno dei farmaci suddetti e quando la loro efficace si riduce. La figura 6 esprime la riduzione in dieci anni della prescrizione di digossina alla dimissione, in pazienti con scompenso cardiaco o con FA. Questo dato esprime lo scetticismo che si è instaurato nei medici sull’impiego di un farmaco  dotato in realtà di ampie potenzialità

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Figura 4 - 
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Figura 5 - Numero di pubblicazioni per anno riportate in PUBMED a gennaio 2020. I termini usati per la ricerca sono stati: digitalis e digoxin.
Le frecce indicano le variazioni
 nel tempo riferiti ad anni significativi per il numero delle pubblicazioni
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Figura 6 - 

Rinascita e nuovi studi
Dati interessanti emergono sulla reale efficacia della digossina e della digitalina. In realtà proprio gli studi osservazionali sono stati oggetto di revisione e di critica e confrontati con i pochi dati disponibili emersi dagli studi randomizzati. Poiché l’elemento più rilevante oggetto di critiche è stato la maggiore mortalità, uno studio di sintesi della letteratura comprendente quasi un milione di pazienti, ha evidenziato la non responsabilità della digossina sulla mortalità, quando i dati dei pazienti venivano corretti per caratteristiche omogenee. 3,6 (Figura 7 e 8).

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Figura 7 - 
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Figura 8 - Effetto della digossina sulla mortalità e sul ricovero ospedaliero, calcolato sulla base della migliore stima degli studi osservazionali e sulla stima dei risultati del DIG Trial. Risulta evidente il "bias di prescrizione" causa dell'attribuito effetto dannoso alla digossina. Tratto e adattato da: Aguir Dàvila et al 2019 

Questi risultati hanno sottolineato la necessità di affrontare il tema dell’efficacia a livello clinico della digitale con nuovi studi metodologicamente più corretti 8 . Due gruppi internazionali di ricerca, noti per aver dato in passato contributi scientifici rilevanti, hanno proposto protocolli di studio e ottenuto finanziamenti pubblici, dato il non interesse dell’industria farmaceutica per tale problematica. I risultati degli studi potranno costituire la base razionale evidence-based di decisioni cliniche sul trattamento dei pazienti con glicosidi cardiaci, con maggiore affidabilità degli studi osservazionali. 
Il RATE-AF è l’espressione di un gruppo inglese dell’Università di Birmingham, sovvenzionato dal Dipartimento della Salute, con il progetto di valutare in un trial randomizzato, open-label e in cieco, la differenza nella qualità di vita, in pazienti con FA permanente, trattati con digossina  a basse dosi o con bisoprololo. I risultati di questo studio sono stati recentemente pubblicati 9 . Si evidenzia una significativa differenza tra i due gruppi, a favore della digossina, a 12 mesi di terapia, quali:  qualità di vita, score classe NYHA, funzione cardiaca espressa da NT-proBNP, ospedalizzazione, effetti avversi della terapia, eventi cardiovascolari e mortalità (tabella 1). Questo è il primo studio randomizzato controllato sull’efficacia della digossina nella FA. Le conclusioni definitive sono premature, ma le aspettative favorevoli sono concrete. 

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Tabella 1 - 

L’altro gruppo di ricerca è il DIGIT-HF, della Scuola Medica di Hannovar, finanziato dal Ministero Federale dell’Educazione e della Ricerca di Germania. Il protocollo, pubblicato recentemente per esteso, contempla uno studio prospettico, randomizzato con valutazione clinica dell’ipotesi che la digitossina a basse dosi possa ridurre mortalità e morbilità in pazienti con scompenso cardiaco sistolico cronico avanzato. Lo studio è in fase di reclutamento. 

Conclusioni e raccomandazioni (Figura 9)
Le attuali linee guida sulla terapia dello scompenso cardiaco e della FA indicano un appropriato impiego dei glicosidi cardiaci, digossina e digitossina, sulla base delle migliori evidenze e dell’esperienza clinica. Nei pazienti con scompenso sintomatico (NYHA II-IV) a ritmo sinusale, i glicosidi cardiaci sono tuttora considerati, come farmaci di seconda scelta, quando la risposta agli ACE inibitori, agli ARB, ai beta-bloccanti e agli antagonisti dei recettori dei mineralcorticoidi è limitata e allo scopo di ridurre il rischio di ospedalizzazione. Sono raccomandati, con o senza beta bloccanti, per il controllo della frequenza nella FA nei pazienti con scompenso cardiaco e ridotta FE (<40%). Per la sicurezza dei pazienti, la concentrazione sierica dovrà essere contenuta nei limiti di 0.5-0.9 ng/ml per la digossina e di 8-18 ng/ml per la digitossina. E’ raccomandato il controllo delle concentrazioni sieriche di digossina nell’insufficienza renale cronica, mentre per la digitossina tale controllo è meno rilevante (circolo entero-epatico). Grande è l’attesa dai nuovi studi controllati per acquisire più ampie indicazioni dell’impiego clinico dei glucosidi cardiaci.

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Figura 9 - 

BIBLIOGRAFIA

  1. Bavendiek U et al. Rationale and design of the DIGIT-HF trial (DIGitoxin to Improve ouTcomes in patients with advanced chronic Heart Failure): a randomized, double-blind, placebo-controlled study. European Journal of Heart failure 2019; 21:676-684
  2. Ziff OJ et al. Safety and efficacy of digoxin: systematic review and meta-analysis of observational and controlled trial data. BMJ 2015; 351:h4451
  3. Aguirre Dàvila L et al. Digoxin-mortality: randomized vs. observational comparison in the DIG trial. European Heart Journal 2019; 40: 3336-3341
  4. The Digitalis Investigation Group (DIG). The effect of Digoxin on mortality and morbidity in patients with heart failure. The New Engl J Med 1997; 336 (8): 525-533
  5. The AFFIRM study. Wyse DG et al. A comparison of rate Control and Rhytm Control in patients With Atrial Fibrillation. NEJM 2002; 347: 1825-1833
  6. Zyoud SH et al. Bibliometric profile of global scientific research on digoxin toxicity (1849-2015). Drug and Chemical Toxicology 2020; 43 (6) 553-559
  7. Patel N et al. Temporal Trends of Digoxin Use in Patients Hospitalized With Heart failure. JACC Heart Failure 206; 4 (5), 348-355
  8. Bavendiek U et al. Assumption versus evidence: the case of digoxin in atrial fibrillation and heart disease. European Heart Journal 2017; 38: 2095-2099
  9. Kotecha D et al. Effect of Digoxin vs Bisoprolol for Heart Control in Atrial Fibrillation on Patient-Reported Quality of Life. The RATE-AF Randomized Clinical Trial. JAMA 2020; 324 (24): 2497-2508
  10. Ziff OJ, Kotecha D. Digoxin: The good and the bad. Trends in Cardiovascular Medicine. 2016; 26:585-595
  11. Cosmi F et al. La digitale: un farmaco da rottamare? G Ital Cardiol 2017; 18 (2): 121-128
  12. 2020 ESC Guidelines for the diagnosis and management of atrial fibrillation developed in collaboration with the European Association for Cardio-Thoracic Surgery (EACTS). European Heart Journal 2020
  13. Rush CJ et al. Association is not causation: treatment effects cannot be estimated from observational data in heart failure. European Heart Journal 2018; 39, 3417-3438