Alberto Pellegrino
È riapparso sugli schermi televisivi il film Tempi Moderni di Charlie Chaplin nella magistrale edizione restaurata nel 2014 dalla Fondazione Cineteca di Bologna, un’opera non è solo un capolavoro della cinematografia mondiale, ma che continua a trasmettere un messaggio umano, politico e sociale di assoluta attualità soprattutto in questo momento storico. Quando Chaplin realizza Tempi Moderni (1933-1935), gli Stati Uniti sono nel pieno della crisi economica e sociale provocata dalla Depressione, per cui egli colpito dalle sofferenze e dall’estrema povertà delle classi lavoratrici e degli emarginati. Nonostante il programma di riforme (New Deal) varato dal presidente democratico Franklin Delano Roosevelt, continuano gli scioperi di milioni di lavoratori che spesso devono subire le violenze delle forze dell’ordine. Chaplin mette in luce le contraddizioni della società statunitense e denuncia la condizione dei poveri e dei disoccupati, ai quali vorrebbe venga riconosciuto il diritto di “avere un tetto sulla testa, lavorare liberamente e formarsi una famiglia”. Quando nel 1936 Tempi moderni arriva nella sale cinematografiche, il maggiore bersaglio del film è il dominio della macchina, l’asservimento dell’individuo ai dogmi della produttività e del profitto, l’alienazione e le nevrosi provocate dalla catena di montaggio che Henry Ford ha introdotto nel settore automobilistico insieme al “management scientifico” ideato da Frederick W. Taylor per calcolare tempi e metodi di lavorazione in modo da ridurre i “tempi morti” e incrementare la produttività.
Charlie Chaplin, oltre a scrivere il soggetto e la sceneggiatura, cura la regia e la composizione della suggestiva colonna musicale che contiene due piccoli capolavori come Smile e Je cherche après Titine (Io cerco la Titina), realizzando un’opera coraggiosamente “retrò” rispetto al cinema sonoro ma innovativa per il tema affrontato e il messaggio veicolato dal suo tradizionale personaggio di Chalot il Vagabondo affiancato dalla sua compagna Monella. Il film vuole difendere la dignità dei deboli e degli sconfitti, propone di trasformare l’ingiustizia in ricerca di giustizia, di superare la tragedia con la sua forza comica, di sconfiggere il pessimismo con la fede nell’uomo e con la speranza in un futuro migliore. Uno dei temi dominanti è l’alienazione dell’operaio-massa legato alla catena di montaggio che riduce l’individuo a un anello debole della struttura sociale e, per contrasto, assume rilievo l’arrogante figura del proprietario della fabbrica che diventa un tipico antagonista occupato a fare puzzle e a leggere fumetti, ma anche impegnato a spiare i suoi dipendenti con gli schermi collocati nell’edificio, a far aumentare sadicamente la velocità della catena di montaggio per raggiungere la massima produttività e quindi produrre nevrosi.
Celebri sequenze del film sono il lavoro alla catena di montaggio fatto con gesti ripetitivi e ritmi disumani tali da minare la salute mentale, dei lavoratori. La scena della manifestazione di protesta dove si trova involontariamente coinvolto Charlot che è scambiato per il capo dei dimostranti ed è arrestato. La sequenza nel grande centro commerciale, dove Chaplin dà una dimostrazione della sua abilità di pattinatore. La nuova casa trovata da Monella che in realtà è una catapecchia fatiscente ma che è come riparo per la notte e per consumare dei pasti. La penultima sequenza nella quale Chrlot, assunto in un ristorante, balla e canta la celebre Titina in un “grammelot” che mescola francese, spagnolo e italiano. Infine la scena conclusiva con i due vagabondi ancora in fuga e la ragazza che piange disperata sul margine di una strada deserta: sarà Charlot a invitarla a sorridere, ad avere coraggio, a infonderle la speranza per incamminarsi mano nella mano sulla strada del futuro.
Tempi Moderni è un capolavoro di notevole intensità poetica, capace di esaltare la speranza di ricominciare a vivere con una ritrovata dignità. Il film è inoltre un mix perfetto di generi cinematografici, un’esemplare miscela di elementi comici e drammatici, un’opera nata dalla genialità di un artista universale che il critico cinematografico Giovanni Grazzini ha così definito: Chaplin “aveva nel sorriso il pianto del mondo e nelle lacrime delle cose faceva brillare la gioia della vita. Toccato dalla grazia del genio era il guanto rovesciato della nostra civiltà, il miele e lo schiaffo, lo scherno e il singhiozzo, era il nostro rimprovero e la nostra speranza di essere uomini” (Il Corriere della Sera, 17 dicembre 1977).
Charlot operaio in Tempi moderni